Letto tutto d'un fiato questo primo numero della miniserie: Che soddisfazione! Da un po' di tempo gli albi di Zagor non mi davano simili emozioni.
Diciamo subito che la storia -solida e drammatica- non rinnega il corpus zagoriano, quindi Burattini non ha messo in atto nessun processo di retcon (revisione delle origini), né di continuity implant (rivelazioni). Non si tratta dunque di uno Zagor Revolution, ma dello Zagor mainstream, anche se raccontato in modo decisamente più moderno di quello che vediamo ogni mese sulla serie regolare.
Già, il modo di raccontare... Bisogna dare atto allo scrittore di essere riuscito a coniugare l'impianto classico della storia a una narrazione nettamente meno convenzionale, perfettamente coadiuvato in questo dai disegnatori Valerio Piccioni e Maurizio Di Vincenzo e dal colorista Andres Mossa.
Così la sceneggiatura rinuncia alla gabbia bonelliana per una scansione delle vignette assolutamente libera e funzionale a suggerire la drammaticità del momento o l'epicità di un destino già segnato, o la psicologia dei personaggi (magistralmente delineati, anche quelli secondari) o, ancora, la bellezza del paesaggio naturale . Allo stesso modo la prosa di Burattini, solitamente non proprio asciutta, sa farsi minimalista in alcune tavole, fino all'estremo di lasciare alle sole immagini il compito di raccontare.
Ci sono i classici spiegoni bonelliani? Beh, non mancano, ma non infastidiscono più di tanto: non è stata ancora completamente assimilata la lezione americana, dove i dialoghi suggeriscono e non esplicitano, ma siamo decisamente sulla buona strada.
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