| CITAZIONE (_Gianni_ @ 6/2/2013, 15:01) CITAZIONE (alvin68 @ 5/2/2013, 18:19) Facciamo un po' di filosofia provocatoria... Il collezionismo, si tratti di fumetti o di qualsiasi altro oggetto, ha la sua ragion d'essere nel valore affettivo e simbolico che vi s'investe. Nell'epoca di internet, dei tablet e della virtualizzazione abbiamo l'estremizzazione del simbolismo: l'oggetto cessa di essere fisico e concreto per diventare astratto ad un livello ormai da farlo coincidere con l'Idea stessa dell'oggetto (dove la parola Idea, è volutamente con l'iniziale maiuscola, à la Platone). Ora, seguendo l'itinerario del paradosso platonico nell'era del digitale, se il fumetto è immagine, un fumetto digitale è l'immagine di un'immagine. Allora, avremmo un fumetto sempre più lontano dalla realtà oppure il ritorno del fumetto alla sua essenza originaria? In questi casi, si usa il termine "simulacro", ma cosa resta del referente originario? E' come se la differenza tra un fumetto e la sua "riproducibilità tecnica all'infinito" (come direbbe invece un altro filosofo, ossia Walter Benjamin) consista nel valore di "unicità" simbolica che non può esser riprodotta. La cosa divertente è che i fumetti sono anche e soprattutto degli oggetti riprodotti in serie, perciò si arriva ad un paradosso che è esattamente quello descritto. Acuta osservazione, ma ti propongo una chiave per risolvere il paradosso: in realtà il valore di unicità simbolica non riproducibile non va ricercata nella copia a stampa - che, come giustamente osservi, è un oggetto riprodotto in serie -, bensì nelle tavole originali prodotte dal disegnatore. Tanto è vero che c'è anche chi colleziona tavole originali, ed è un collezionismo diverso da quello dei fumetti. Comunque, anche una singola copia a stampa conserva una quota di unicità non riproducibile, che è quello proprio della sua "storia": lo sa bene, ad esempio, chi ama conservare i fumetti della propria infanzia, che non scambierebbe a nessun patto per degli albi analoghi ma intonsi Resta comunque valida la tua osservazione che ad ogni riproduzione successiva (realtà, tavola, fumetto, digitalizzazione) ci si allontana sempre di più dalla realtà; ammesso che il fumetto riproduca la realtà, il che però è tutto da dimostrare Bravo, ma è proprio qui l'inghippo. Seguendo sempre il paragone, le tavole originali costituirebbero le Idee platoniche, cioè le "forme" o modelli originari e che, in quanto tali, sono una realtà del tutto simbolica, non fisica. Eppure noi sappiamo che le tavole sono "oggetti sensibili", quindi già una copia o riproduzione della realtà. Il fumetto, come tavola d'autore, non è detto che rappresenti la realtà, spesso è un ideale mondo simbolico, il mondo dell'autore il quale lo "immagina" e lo disegna in un modo "unico". Questo, per Platone, non è il mondo vero ma quello fallace, una copia. Io, invece, in quel quid simbolico ci vedo uno stato, come posso dire, "artistico" in cui unità e molteplicità, originale e copia "partecipano" l'uno dell'altra. Il che, poi, funziona bene con quei particolari oggetti che sono i fumetti. Il paradosso platonico (che, per intenderci, noi qui lo applichiamo ai fumetti, ma si tratta di una questione ontologica, cioè riguarda il problema dell'essere in generale) è dato dal fatto che ciò che non è di questo mondo fisico possa essere tuttavia conosciuto, ciò che è Uno è anche molteplice (ovvero riproducibile in modi diversi). Il paradosso del digitale, dico io, è che ci troviamo in un mondo in cui tutto è assimilabile ad immagine, un universo d'altra parte costituito interamente da idee o modelli matematici, dove tutto è simbolico e, ad un tempo, sensibile, dove un'opera è unica e, ad un tempo, molteplice, in ultima analisi un mondo che per Platone potrebbe essere sia l'Inferno sia il Paradiso. P.S. Spero che chi mi sta leggendo non si sia addormentato...
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