Sono in schiacciante minoranza, ma lo sapevo.
In realtà le storie di Claremont non me le sono perse, ho letto e conservo quasi tutta la saga degli X-Men e della mutanteria collegata.
Solo che come dice Pietro, non ho mai empatizzato particolarmente: quelle che ho espresso sono le impressioni che il fumetto mi fece all'epoca. Le riporto a memoria, da allora non ho più riletto gli albi: chissà, col senno di poi le valutazioni cambierebbero.
Il fatto è che per parlare
seriamente di certe tematiche, quel genere di fumetto non mi sembrava la sede adatta, né i personaggi adatti, né lo stile adatto.
Diverso era seguire le storie e i problemi della rassicurante quotidianità dell'americano medio (studente, avvocato, medico o imprenditore che fosse), raccontati con elegante leggerezza - che a un certo punto divagavano in sviluppi avventuroso/inverosimili, ma avendo chiaro che si trattava di un "gioco" di finzione, non so come dire... quelli di Stan Lee erano fumetti frivoli, ma non pretendevano di essere altro, e per questo li adoravo.
Per fare un paragone, è come se il Grande Blek smettesse di prendere a pedate nel sedere le Giubbe Rosse per occuparsi di conflitti generazionali col piccolo Roddy, di problemi esistenziali col prof. Occultis e così via. Va bene la predica, ma non il pulpito, mi spiego?
E comunque le storie di Claremont si fanno leggere, Batman e Superman hanno subìto ben di peggio da parte di molti "autori".