CITAZIONE (Joaquin Murieta @ 21/10/2016, 18:44)
CITAZIONE (piccic @ 21/10/2016, 17:49)
E questo, quindi, in senso stretto non c'ertra con l’argomento sollevato dal post iniziale.
Anche se viviamo una certa esperienza in modo "personale" la viviamo anche sempre, inevitabilmente, in maniera relazionale. Quindi non mi azzarderei a dire che "nessuna delle persone che conosco potrebbe condividere e nemmeno lontanamente capire questa parte di me". Come fai a dirlo?
ma qual'era il post iniziale?
a, certo... quello dei francobolli ...
scusa, ma come fai a dire che non c'entra?
Io ho semplicemente detto che non mi pongo il problema se i fumetti potrebbero o meno perdere di valore ed ho spiegato perche'...
Poi, ritengo che il collezionismo in genere (non solo quello dei fumetti) sia un'attivita' che, per la sua natura e le modalita', esalta al massimo l'individualismo, che non necessita di essere "nobilitata" con argomentazoni sociologiche che ne vorrebbero esaltare e far addirittura primeggiare l'aspetto relazionale, che esiste ma e' sostanzialmente di carattere esibizionistico (mascherato dal fine divulgativo)...
Personalmente non mi interessa perdere il mio tempo a divulgare/ esibire le mie collezioni a chi SO che del fumetto non gliene puo' frega' de' meno, perche' non e' mio costume tediare la gente o le persone a me care ...
La discussione è "germinata" da un’altra, per cui il post iniziale è sì quello dei francobolli, ma l’argomento è la sopravvivenza del mercato collezionistico. E questo si lega anche a come coltiviamo le nostre passioni.
La tua concezione del collezionismo è parziale, e non so minimamente a cosa tu alluda quando parli di sociologia: io ho fatto considerazioni generali di carattere culturale.
Che ci sia talvolta questo aspetto del far vedere gli acquisti "vanitosamente" siamo d'accordo – ma l’immaturità non è certo appannaggio esclusivo di questo ambiente – io alludevo ad altro. E pensavo anche di essermi spiegato con sufficiente chiarezza.
@Rossano: Punto di vista interessante, ma anche la tua è un po' una generalizzazione.
Se il collezionismo ha potuto evolversi, prosperare e mantenersi in forma questo si deve sempre all’approfondimento di quella passione che lo suscita in primo luogo. Rimarco il fatto che parlo di collezionismo unicamente nell’accezione di stampati, non di oggetti.
Se in Italia non ci fosse stata l'esperienza di Bordighera, o il salone di Lucca, e in parallelo il mondo nascente delle fanzine e delle riviste autoprodotte dagli appassionati, la discussione non sarebbe nemmeno partita, e il collezionismo di fumetti si sarebbe chiuso in sé stesso, forse non sarebbe propriamente germogliato.
È alla prima generazione di studiosi, che poi erano grandissimi appassionati, come Rinaldo Traini, Sergio Trinchero, Giuseppe Pazienti o Alfredo Castelli, che si deve un riconoscimento del fumetto, un alimentare la passione, per così dire, un indagarne il divenire storico – certo partendo da motivazioni personali come dice Joaquin, poiché non potrebbe essere altrimenti – un arricchirsi ed un arricchire attraverso la condivisione delle esperienze. In poche parole, cultura e non semplicemente possesso. Che peraltro è un punto fermo del collezionismo, e ci vuole, perché proprio grazie al desiderio di avere e conservare si sono preservati e tramandati i fumetti, che sarebbero stati altresì accantonati come tanti altri stampati. E invece sono stati conservati come i libri, anche più dei libri.