Aggiungo alcuni veloci commenti agli interventi precedenti.
Tintin nel paese dei Soviet è stato ulteriormente ristampato nel dicembre 2016 in una bella edizione cartonata a cura della Gazzetta dello Sport, primo numero di una collana che ha riproposto tutti i 24 albi.
Tintin nel Congo è una prova evidente del background razzista e nazionalista di Hergè, sul quale si è già detto di tutto e di più.
A difesa del geniale autore vanno due fattori:
il primo è che quando disegnò Tintin nel Congo aveva poco più di vent'anni ed era cresciuto in un ambiente rigidamente cattolica di un Belgio che doveva al colonialismo la quasi totalità del suo benessere e della sua ricchezza.
Il secondo è che negli anni trenta in tutta Europa il colonialismo era considerato cosa normale e lo sfruttamento dei "negri" routine, quindi nessuno si scandalizzava davanti all'immagine del capo tribù con la pentola in testa al posto del cappello.
Viceversa, va sottolineato il fatto che la versione di Tintin nel Congo che circola tuttora (a meno di qualche marginale ulteriore modifica, più rivolta al mondo animale che a quello umano) è stata rifatta quando Hergè era già un uomo adulto e maturo, non più giustificabile col contesto sociopolitico.
Quindi perché in quell'occasione non apportare modifiche sostanziali o addirittura riscrivere l'intera sceneggiatura azzerando decenni di ostracismo e contestazioni?
